Lontani ma Vicini |  Rubrica a cura dei ragazzi dell’Istituto Sant’Apollinare durante il periodo del coronavirus

Leonardi Francesca Lorenza
Scuola Media

Uno memore dell’altro

Cari compagni,
come state? Io bene. Vi scrivo per dirvi una cosa. Anche se ci divideremo dopo questo stranissimo anno, resteremo sempre, spero, uno memore dell’altro. Quante ne abbiamo passate, da “deberes” alla pazza psicopatica del campo scuola, dalle ricreazioni alle feste di carnevale, dal campionato di calcetto alle cene di classe. Alcuni di noi si continueranno a vedere perché particolarmente legati o perché nella stessa classe o scuola, altri invece non si rivedranno quasi più. Sarebbe stato bello salutarci, abbracciarci a scuola quei cinque minuti prima del fatale rintocco; e invece siamo qui, da un computer, vedendoci in videochiamata solo se ci va o se abbiamo connessione, e a darci un addio o arrivederci qui da un computer, senza abbracciarci, senza poterci salutare umanamente, come tutte le terze medie prima di noi hanno fatto. Come se al nostro check-in per un volo insieme, ognuno di noi venisse smistato su un volo diverso: alcuni si rivedranno alla tappa finale, altri si incontreranno al gate, altri ancora andranno in due emisferi del mondo diversi e quindi non si rivedranno mai più. Mi fa strano dirlo, perché non avrei mai pensato che sarebbe stato necessario, ma mi mancate. Non vedo l’ora di riabbracciarvi. Immaginate se tutto ciò non fosse successo; di certo avremmo avuto il nostro addio, ma una cosa non avremmo avuto: le nostre fantastiche avventure nella didattica a distanza insieme a tutte le emozioni che abbiamo provato. Il non poterci vedere, ci ha permesso di apprezzare e capire l’importanza del contatto fisico. In questi tre anni con voi ho imparato molto: ho imparato a giocare a calcio, più o meno, ho imparato cosa vuol dire classe, ho imparato a supportarci a vicenda, ho imparato la formula del saccarosio a furia di essere interrogata. Ho capito che anche se non siamo legati come speravamo saremo sempre in un modo uno “congiunto” dell’altro (citando il termine sconosciuto e mai capito dall’umanità). In questo mio percorso ho pianto, ho riso, abbiamo vinto un campionato di calcetto, ho vinto il terzo premio alla gara di torte, sono arrivata seconda alle gare interne di matematica, ho addirittura ricevuto con onorificenza il mio caro soprannome, Leonarda, ho conosciuto persone, e ad alcune mi ci sono anche molto legata. Sarebbe stato bello, no? Avere il nostro anno, se tutto fosse andato normalmente; ci saremmo divertiti, e addirittura forse qualcuno di noi avrebbe pianto per qualcun altro, quell’ultimo giorno. Immaginate se noi avessimo saputo che quel giorno stava per scoppiare una pandemia globale per la quale non ci saremmo visti. Beh, che ci crediate o no, io forse un abbraccio ve l’avrei dato. Ve la ricordate quella volta in cui al campo scuola abbiamo giocato con le caprette? O quella volta che nel corridoio dell’hotel scoppiò una guerra civile con tanto di pistole giocattolo e balestre? Oppure quando facemmo il karaoke con la Percolla e ci dividemmo maschi contro femmine? Non so se sono l’unica, ma io ogni canzone l’assegno a delle persone o ad una persona; alla nostra classe dedicherei una canzone di un gruppo musicale della mia infanzia che ormai si è sciolto. La canzone è “We are”; voi vi chiederete il perché… beh, il perché è semplice: la canzone parla di alcuni ragazzi che insieme si divertono; nella canzone si parla anche di un senso di unicità riguardo la propria amicizia, e si parla anche di una vita che va vissuta con alti e bassi che, condivisi ti permettono di restare uniti per sempre. Ho scelto questa canzone perché è la più rappresentativa di noi e anche perché era una delle mie canzoni preferite da piccola. Spero che non appena finirà questa quarantena potremo riabbracciarci, tutti insieme per la prima volta dopo tanto. Forse sarò l’unica a pensarlo, ma il nostro legame forse aveva proprio bisogno di una cosa del genere; dall’inizio della quarantena siamo come più vicini, perché ci manchiamo… Lo so è strano, ma non è forse vero? Ci manchiamo o perché sentiamo la lontananza del nostro assillante compagno di banco, oppure perché ci mancano i soliti compagni che, con i loro interventi inutili, ma divertenti, ci rallegravano la giornata, oppure ci mancano quegli amici a cui eravamo molto legati. È difficile da spiegare, ma è come se il fatto di non vederci ci abbia fatto capire che qualcosa tra noi c’era; e la negazione di quel “banale” contatto fisico, ci porta a mantenere vivo quel “feeling” con più forza di prima. Il mio percorso inziò nella mia piccola afosa classe, la mia vicina di banco, come scordarla, Aurora; il primo giorno mi ricordo che ero molto timida e fu proprio Aurora a convincermi a fare conoscenza almeno con le ragazze della classe. Ricordo che non mi diede neanche il tempo di comprare la merenda che subito mi portò dalle altre a conoscerle. Cambiando ogni mese il mio cambio di banco, è stato più semplice per me ambientarmi, sebbene spesso mi sia ritrovata con i soliti: Aurora, Elena, Spinelli e Diego. Il secondo anno mi divertii molto di più; tra le nostre pazzie e le gite ancor più pazze c’è un’ampia gamma di flashback, e tra tutti questi ho scelto di quando a Napoli non riuscivamo a fare un passo che uno si fermava a comprare quella penna che dava la scossa o altre cose, per la maggior parte inutili. Il terzo, a differenza di come succede nei film, dove l’ultimo è il peggiore, fu il migliore: ci siamo oggettivamente divertiti di più, ci siamo divertiti anche nella didattica a distanza; come non pensare alle lezioni di religione durante cui partono i dibattiti? Come non ridere ripensando a Sergio che, ostinatamente, va contro tutti specialmente contro Lemma? E poi non posso dimenticare i brucos marchand de tableaux, un gruppo che è un mix tra due perle di saggezza, una proveniente da spagnolo, brucos, e l’altra da francese. In questa didattica spero di non aver perso nessun rapporto. Detto questo vi auguro tutto il bene possibile. Abbracci.

La vostra Leonarda