Michele Brescia
STORIA DELL’ARTE liceo

Perché una enorme riproduzione della preistorica Venere di Willendorf troneggiava al centro della spettacolare scenografia del Jova Beach Party, l’evento musicale dell’ultima estate? Perché l’attore Kevin Spacey in persona, dopo un lungo periodo di assenza dalle scene, è riapparso in pubblico a Palazzo Massimo, qui a Roma, per dare voce, con uno struggente monologo, al “pugile in riposo”, la meravigliosa statua bronzea attribuita a Lisippo? Perché si continuano a versare fiumi di inchiostro e a girare biopic e documentari su artisti come Leonardo, Caravaggio e Van Gogh? La risposta sta forse in una frase retorica, ma particolarmente efficace: perché tutta l’arte è contemporanea.
Una tela, un affresco, un mosaico, una scultura e, ancora, un’installazione, una performance, un murale possono dirci tanto dell’uomo, delle sue inquietudini, dei suoi sogni, delle sue tensioni. Potremmo affermare, riprendendo un celebre epigramma del poeta Marziale, che la storia dell’arte hominem sapit. Una disciplina che è, a un tempo, impasto e lievito delle nostre vite quotidiane.
Per capirlo, c’ho messo una vita. Ora, da tre anni, provo a farlo capire ai miei studenti. Esattamente, da quando, concluso il percorso di formazione universitaria (due lauree, un master, una specializzazione e un dottorato), dopo alcune esperienze professionali (in ambito museale pubblico e privato), comunitarie (nel collegio universitario Villa Nazareth) e spirituali (al centro vocazionale della diocesi di Roma) sono entrato in punta di piedi nel mondo della scuola. Questa volta, al di qua della cattedra, con un semplice ma ambizioso obiettivo: condurre fuori i miei studenti dalle rigide tassonomie dei manuali di storia dell’arte, sovente pensati e scritti per sostituire le opere e i contesti, per guidarli, invece, proprio davanti a quelle opere e dentro quei contesti.
In definitiva, mi riterrei soddisfatto se, al termine del ciclo di istruzione, i miei studenti fossero in grado di camminare per un quarto d’ora nella loro città (Roma, non una qualsiasi!) rendendosi conto di ciò che li circonda e del privilegio che è toccato loro in sorte.
O, in alternativa, se si convincessero una volta per tutte che, più di una qualsiasi storia effimera su Instagram, la storia dell’arte può risultare avvincente, originale e immortale.
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